Jean Barrot (1972)
Il marxismo conosce nuovi progressi ad ogni riemersione pratica del movimento (1871, 1917), ma questo sviluppo non è che una parte del suo ciclo. La teoria del movimento comunista nasce, come si è visto, da condizioni particolari, in seguito lo sviluppo del capitale la manda in pezzi nello stesso momento in cui distrugge la classe in quanto tale. È la fase della revisione dottrinale, dell'integrazione al movimento del capitale, alle quali non si oppongono che affermazioni teoriche e pratiche unilaterali, certo importanti, e vitali per il movimento (nella misura in cui testimoniano della sua vita, e non in cui gli donerebbero vita come tali: ma le correnti radicali non possono allora operare che tramite questa inversione, e prendere se stesse per il motore della storia). Ma simili affermazioni esprimono ancora una frammentazione. Una situazione nuova non può essere prodotta che quando il capitale inizia ad incontrare il termine del suo ciclo, facendo così apparire alla luce del giorno le sue contraddizioni economiche (meccanismo di estrazione del plusvalore) e dunque sociali (proletariato/capitale). Ben inteso, la manifestazione delle sue contraddizioni è profondamente differente dalle forme che assumeva all'inizio del ciclo. La teoria comunista può iniziare a fare la sintesi dei suoi concetti essenziali. Questo processo di “totalizzazione” include naturalmente l'analisi dei fenomeni nuovi più importanti, ma solamente sulla base della comprensione dei punti essenziali. La teoria comunista non è semplicemente una totalità, ma anche un tutto gerarchizzato.