Il comunismo è e rimane l'unica prospettiva di superamento positivo della società capitalistica. Ma quest'ultima, malgrado le sue traversie, pare divenuta un orizzonte insuperabile, e le forze protese al suo abbattimento sono oggi ridotte alla clandestinità e alla dispersione, se non al disorientamento. L'epoca del movimento operaio tradizionale, delle transizioni socialiste e dei loro programmi si è da tempo conclusa. Il patrimonio delle lotte e delle correnti teoriche del passato richiede un riesame profondo per separare ciò che è vivo da ciò che è morto. Il rapporto intercorrente tra le lotte quotidiane del proletariato, i movimenti interclassisti di massa dell'ultimo decennio e la rottura rivoluzionaria possibile appare più enigmatico che mai. La teoria comunista richiede nuovi sviluppi, per essere restaurata nelle sue funzioni. La necessità di affrontare questi nodi ci interpella in prima persona, come dovrebbe interpellare tutti i sostenitori del «movimento reale che abolisce lo stato di cose presente». I nostri mezzi sono a misura alle nostre forze: modesti. Impossibile in queste condizioni pretendere di essere i fautori unici e infallibili di una rifondazione teorica che arriverà a maturità solo in un futuro non prossimo. Ma è solo iniziando a camminare che si cominciano a tracciare strade percorribili.

martedì 27 dicembre 2011

Sull'uso della violenza

Jean Barrot (1974)

Cari compagni,
l’approccio “marxista” usuale è senza dubbio non rivoluzionario (intendo pseudo-marxista).
La grande maggioranza della gente di estrema sinistra dichiara di condividere appieno la necessità di un'azione armata e di una guerra civile, in futuro. Per loro si tratta di un mero principio. Non si deve soltanto dire: se vuoi la pace preparati alla rivoluzione, ma anche: se vuoi la rivoluzione preparati alla guerra, la guerra civile.
È così facile cadere nel delirio che non si è mai troppo prudenti quando si tratta questo argomento. D’altro lato, la tendenza di molti gruppi politici che rifiutano di prendere sul serio il problema, va denunciata come reazionaria.

lunedì 26 dicembre 2011

Sulla politica

Riflessioni intorno allo scioglimento della Ligue Communiste e di Ordre Nouveau

Jean Barrot (1973)

«La loro intelligenza politica celava loro la radice della loro miseria sociale, falsava in loro la comprensione dei loro autentici scopi; è così che la loro intelligenza politica ingannava il loro istinto sociale». (Karl Marx, 1844).

Ogni sistema sociale è allo stesso tempo una forza personale e impersonale. Se si dimentica il primo termine, la società diventa solo un’entità al di sopra dei rapporti sociali; se si dimentica il secondo, non è possibile alcuna visione d’insieme, e non se ne comprende la dinamica. Inoltre, il capitale è contemporaneamente concorrenza e solidarietà, contraddizione e unità. Il suo movimento è al contempo centrifugo e centripeto. Il Libro III de Il Capitale non ha lo scopo di tappare una falla per motivi di semplice coerenza scientifica: Marx vi studia il «processo d’insieme» al fine di mettere in luce questo duplice movimento. Si è detto, giustamente, che Il Capitale non è un’opera di economia, ma una critica della scienza economica in quanto studio separato di un’attività separata. Infatti, non insiste sul livello economico se non al fine di situarlo in un insieme più vasto, di cui lo studio dello Stato e del mercato mondiale avrebbe dovuto costituire la conclusione, che Marx non ebbe né il tempo né la forza di elaborare (sia per ragioni materiali, sia perché non ne discerneva tutta la portata)[1]. Eppure, è a partire dallo studio del capitale, e dunque del Capitale, che si può affrontare la politica, riprendendo a) l’inizio del Libro I, e b) la sintesi parziale costituita dalle prime sezioni del Libro III. Uno stesso filo conduttore unisce l’analisi della merce a quella del processo globale del capitale.

mercoledì 21 dicembre 2011

La questione dello Stato

«La Guerre Sociale» (1978)

La questione della distruzione dello Stato è centrale per la rivoluzione a venire e, dunque, già per la sua teoria presente. Tale questione è stata e continua a essere la cartina di tornasole delle differenti posizioni riguardo alla rivoluzione. È a proposito dello Stato che si è tracciata, e si continua a tracciare, la linea di demarcazione.

lunedì 19 dicembre 2011

Per un mondo senza morale

L'amore, l'estasi, il crimine

«La Banquise» (1983)

Questa introduzione alla critica dei costumi è un contributo a una necessaria antropologia rivoluzionaria. Il movimento comunista ha una dimensione al contempo classista e umana. Esso poggia sul ruolo centrale degli operai proletari senza essere un operaismo, e va verso una comunità umana senza essere un umanismo. Per ora, il riformismo si nutre della separazione, assommando delle rivendicazioni entro sfere parallele, senza mai rimetterle in discussione. Una delle prove della potenza di un movimento comunista sarà la sua capacità di riconoscere, poi di superare nella pratica, il divario, persino la contraddizione, tra queste due dimensioni, classista e comunitaria.

Prospettive sui Consigli, la gestione operaia e la Sinistra comunista tedesca

Nashua (1974)

La costituzione della classe in Consigli dimostra che essa si organizza su obiettivi propri, ma non dice niente circa la natura di questi obiettivi, né sulle divisioni che possono esistere all'interno della classe stessa. Tutti i problemi della rivoluzione tedesca ruotarono attorno a questo fatto, che determinò tutte le sue fluttuazioni.

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Il "rinnegato" Kautsky e il suo discepolo Lenin

Jean Barrot (1969)

   Le tre fonti del marxismo: l’opera storica di Marx presenta un interesse storico modesto. Kautsky è stato indiscutibilmente l’ideologo della II Internazionale e l’uomo più potente all’interno del suo partito, il partito socialdemocratico tedesco (SPD). Guardiano dell’“ortodossia”, veniva considerato, quasi universalmente, il maggiore conoscitore dell’opera di Marx ed Engels, e il loro interprete principale. Le posizioni di Kautsky rappresentano dunque una testimonianza di tutta un’epoca del movimento operaio, e meritano di essere conosciute, non foss'altro che per questo motivo. Questo opuscolo si incentra su una questione centrale per il movimento proletario: il rapporto tra la classe operaia e la teoria rivoluzionaria. La risposta che Kautsky dà a tale questione, rappresenta il fondamento teorico della pratica e dell’organizzazione di tutti i partiti che costituivano la II Internazionale, e quindi anche del partito socialdemocratico russo (inclusa la sua frazione bolscevica), membro “ortodosso” della II Internazionale fino al 1914, cioè fino al crollo di quest’ultima di fronte alla Prima guerra mondiale.

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Dal rifiuto del lavoro alla comunizzazione. "Théorie Communiste" e "Troploin"

[Prefazione a «Endnotes» n.1 – Materiali preliminari per un bilancio del XX secolo]
Questo primo numero di Endnotes raccoglie una serie di testi (in buona sostanza un confronto tra due gruppi comunisti francesi) inerenti le rivoluzioni del XX secolo. Come emerge dai testi stessi, la storia di queste rivoluzioni è stata una storia di fallimenti e di sconfitte; non solo in quanto esse furono schiacciate dalla controrivoluzione capitalista, ma perché le loro stesse «vittorie» finirono per assumere i contorni della controrivoluzione; instaurando sistemi sociali che ponevano a proprio fondamento lo scambio monetario e il lavoro salariato, esse non riuscirono ad andare oltre il capitalismo. Tuttavia questa aberrazione non fu il semplice frutto di un «tradimento», non più di quanto altre sconfitte furono il risultato di «errori strategici» o di «condizioni storiche» avverse. Laddove si pone la questione dello scacco delle rivoluzioni del passato, non si può ricorrere a dei «se» ipotetici – deplorando quali cause della disfatta ogni genere di fattore (capi, forme organizzative, idee fallaci, condizioni immature etc.) e dimenticando i movimenti rivoluzionari stessi, il loro contenuto determinato. È proprio sulla natura di tale contenuto che verte il confronto teorico che qui presentiamo.

sabato 17 dicembre 2011

"Théorie Communiste": domande e risposte

Intervista a Roland Simon

Nell'agosto del 2005, in occasione di un campeggio estivo organizzato da Kolinko (“collettivo nel movimento comunista”) a Poznan, in Polonia, i compagni svedesi raccolti attorno alla rivista Riff-Raff hanno posto alcune domande a Roland Simon di Théorie Communiste. L'intervista è stata in seguito pubblicata in Riff-Raff n.8, autunno 2006.

Transizione

Jacques Camatte (1971)

Il punto di partenza della critica dell'attuale società del capitale, deve essere la riaffermazione dei concetti di dominio formale e dominio reale come fasi storiche dello sviluppo capitalista. Ogni altra periodizzazione del processo di autonomizzazione del valore, quale capitalismo concorrenziale, monopolista, monopolista di Stato, burocratico ecc., esce dall'ambito della teoria del proletariato, vale a dire della critica dell'economia politica, per far parte del vocabolario e della prassi della socialdemocrazia, o dell'ideologia «leninista» codificata dallo stalinismo.
In effetti tutta questa fraseologia, con cui si è preteso di spiegare fenomeni «nuovi», non ha fatto altro che mistificare il passaggio del valore alla sua autonomia completa, vale a dire l'oggettivazione della quantità astratta in processo nella comunità materiale.

Contributo a una critica dell'ideologia ultrasinistra

Leninismo e ultrasinistra

Jean Barrot (1969)

Il testo che segue è il prodotto del lavoro di un gruppo "informale" di compagni che sono tutti passati attraverso l’ultrasinistra e che, in seguito, hanno messo in discussione le concezioni fondamentali di questa corrente. Era stato redatto per la riunione organizzata, nel giugno 1969, da ICO (il bollettino "Informations Correspondance Ouvrière" che riunisce, dal 1958, un gruppo di operai e militanti dell'ultrasinistra). Noi speravamo allora di potere affrontare una discussione di fondo con dei militanti dell'ultrasinistra, "consiliaristi", ma l’ideologia dell'ultrasinistra, che volevamo porre al centro della discussione, ci è apparsa in stato di avanzata decomposizione. Se, come talvolta si dice, la nostra epoca è quella della morte di tutte le ideologie, non sembra che l’ideologia dell'ultrasinistra sia stata risparmiata. Ora, noi possiamo solo accelerare un processo già largamente iniziato. L’importante è andare avanti, facendo progredire il nostro lavoro teorico: ne abbiamo dunque approfittato per sviluppare la parte del testo consacrata alla dinamica del capitalismo e alla legge del valore. Il problema della liquidazione dell’ideologia dell'ultrasinistra è in via di risoluzione, non grazie al nostro testo, ma attraverso il movimento stesso della società; ora quel che importa è porre i problemi della rivoluzione.

Capitalismo e comunismo

Jean Barrot (1972)

Il comunismo non è un programma da mettere in pratica o da far mettere in pratica ad altri, bensì un movimento sociale. Coloro che sviluppano o difendono il comunismo teorico, rispetto al resto dell’umanità, hanno soltanto il vantaggio di una comprensione più chiara e di una capacità di espressione più rigorosa. Ma anch’essi, proprio come gli altri, che non si occupano specificamente di teoria, esprimono un bisogno pratico di comunismo. Essi non hanno alcun privilegio, non sono i portatori del sapere che innescherà il processo rivoluzionario; ma, d’altro canto, esponendo le loro concezioni, non hanno alcun timore di diventare dei “capi”. La rivoluzione comunista, come ogni altra rivoluzione, è il prodotto di bisogni e di condizioni di esistenza reali. Si tratta perciò di mettere in luce un movimento storico.

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giovedì 15 dicembre 2011

La comunizzazione come via d'uscita dalla crisi

Bruno Astarian

1. Immediatezza del comunismo

1.1. Definizione e origine

Occorre non confondere immediatezza e istantaneità. Per immediatezza del comunismo, si intende che la rivoluzione proletaria non ha più come obiettivo la creazione di una società di transizione, bensì, immediatamente, il comunismo. Ne consegue che tutti i problemi inerenti la conquista del potere, l'alleanza con altri strati sociali o la realizzazione pratica della transizione (estinzione dello Stato etc.) perdono di significato.
La nozione di immediatezza del comunismo non nasce dal nulla. Essa apparve in concomitanza con la crisi degli anni '60-'70, in opposizione all'incapacità politica della sinistra e dei gauchistes1 di comprendere il rifiuto del lavoro. Oggi, qualsivoglia tentativo programmatico risulta derisorio. Quanto al rifiuto del lavoro, esso si ripresenta con forza rinnovata (in Cina, in Bangladesh e negli stessi paesi industrializzati).

Il militantismo, stadio supremo dell'alienazione

Organisation des Jeunes Travailleurs Révolutionnaires (1972)

Sull'onda del movimento delle occupazioni del Maggio '68, si è sviluppata a sinistra del Partito Comunista e della CGTuna congerie di piccole organizzazioni che si richiamano al trotzkismo, al maoismo e all'anarchismo. Malgrado la scarsa percentuale di lavoratori che hanno raggiunto i loro ranghi, queste organizzazioni pretendono di contendere a quelle tradizionali il controllo della classe operaia, di cui si proclamano l'avanguardia.
L'ingenuità di simili pretese può far sorridere. Ma sorridere non basta. Occorre andare oltre, e comprendere per quale ragione il mondo moderno produce questi burocrati estremisti: strappare il velo della loro ideologia, per scoprirne l'autentico ruolo storico. I rivoluzionari devono smarcarsi quanto più possibile dalle organizzazioni gauchistes, e mostrare come, lungi dal minacciare l'ordine del vecchio mondo, la loro azione possa soltanto, nel migliore dei casi, determinarne un ricondizionamento. Cominciare a criticare queste organizzazioni, significa preparare il terreno al movimento rivoluzionario che dovrà liquidarle, pena l'esserne liquidato.

lunedì 12 dicembre 2011

Per un mondo senza innocenti

«La Banquise» (1986)

Nel quadro di una società di classe quale la nostra, la giustizia è evidentemente una giustizia di classe. Ma se ci si limita a ripetere questa banalità, si finisce col falsarla, al punto di farne una mezza verità, una verità miope... insomma, un errore.
È un limite comune quello di non vedere nelle classi sociali altro che le classi stesse, piuttosto che il movimento che le ha prodotte e le riproduce; e di non distinguere nel capitalismo se non il capitalismo stesso, e non ciò che esso ha ereditato dall'intero arco della storia umana. Anziché limitarci a denunciare il carattere «di classe» della giustizia, o di qualsivoglia altra realtà, possiamo invece osservare come il capitalismo riprenda (nell'interesse della classe dominante) alcune soluzioni che le società di classe del passato avevano applicato alla vita sociale, aiutando così le classi dominanti dell'epoca ad imporsi.