Il comunismo è e rimane l'unica prospettiva di superamento positivo della società capitalistica. Ma quest'ultima, malgrado le sue traversie, pare divenuta un orizzonte insuperabile, e le forze protese al suo abbattimento sono oggi ridotte alla clandestinità e alla dispersione, se non al disorientamento. L'epoca del movimento operaio tradizionale, delle transizioni socialiste e dei loro programmi si è da tempo conclusa. Il patrimonio delle lotte e delle correnti teoriche del passato richiede un riesame profondo per separare ciò che è vivo da ciò che è morto. Il rapporto intercorrente tra le lotte quotidiane del proletariato, i movimenti interclassisti di massa dell'ultimo decennio e la rottura rivoluzionaria possibile appare più enigmatico che mai. La teoria comunista richiede nuovi sviluppi, per essere restaurata nelle sue funzioni. La necessità di affrontare questi nodi ci interpella in prima persona, come dovrebbe interpellare tutti i sostenitori del «movimento reale che abolisce lo stato di cose presente». I nostri mezzi sono a misura alle nostre forze: modesti. Impossibile in queste condizioni pretendere di essere i fautori unici e infallibili di una rifondazione teorica che arriverà a maturità solo in un futuro non prossimo. Ma è solo iniziando a camminare che si cominciano a tracciare strade percorribili.

lunedì 9 settembre 2019

Rivoluzione e controrivoluzione

Intervention Communiste (1974) 

 «[...] il movimento stesso della messa a valore del capitale, della valorizzazione, è il processo di distruzione del valore, della devalorizzazione. L'abolizione del valore costituisce la necessità storica del capitale, ma costituisce altresì la possibilità della sua negazione. Il capitale non può intraprendere la distruzione del valore che realizzando un'enorme accumulazione di valore, non può varcare la soglia che lo condurrebbe al di là del valore, perché fondamentalmente non è altro che valore in processo, benché questa definizione lo determini a distruggere il valore e, contemporaneamente, a non potersene disfare. In questo senso, la comunità del capitale non può che essere l'ultima comunità fondata sulla legge del valore.» 

lunedì 1 luglio 2019

Dallo sciopero alla guerra

Ristrutturazione e lotta di classe in Jugoslavia (1980-1992)

Anonimo

«Negli anni 1980-'90, lo scatenamento su larga scala delle segmentazioni identitarie – processo inerente all'eliminazione degli ostacoli che si frapponevano alla ristrutturazione del capitale – è segnalato da due eventi in particolare: le guerre in Iraq e in Jugoslavia. Questi due eventi sono apparsi come risposte specifiche, legate a circostanze peculiari, ma in realtà la loro meccanica, senza dubbio adeguata alla situazione dell'epoca, tenderà a ripetersi ed a generalizzarsi in varie maniere. Essi sollevano la questione della genesi di nuove segmentazioni nazionali/identitarie, galvanizzate dall'esaurimento storico della funzione delle socialdemocrazie. Nell'espressione delle contraddizioni di classe del periodo, queste non appaiono più in grado di canalizzare e inquadrare l'antagonismo proletario.
«Il testo qui proposto – che è la rielaborazione di una bozza risalente agli anni '90 – può contribuire alla comprensione del manifestarsi di segmentazioni identitarie in una situazione di lotte sociali generalizzate. Il periodo preso in esame va dal 1985 al 1992, che concentra l'essenziale delle vicende jugoslave. Il seguito non fu altro che una conseguenza.»

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lunedì 29 aprile 2019

Proletari e comunisti

Intervention Communiste (1973)

«La limitatezza della diffusione delle analisi che i comunisti sono costretti a effettuare, non segnala una deficienza tecnica da parte loro. Se è vero che i comunisti hanno sul resto del movimento il vantaggio di una visione più chiara e più generale dei fini e delle condizioni d'insieme dell'emancipazione del proletariato, è completamente falso pensare che la crisi rivoluzionaria dipenda dalla diffusione, dall'assimilazione da parte di questo movimento di tale visione generale. In tal caso l'esistenza quotidiana dei comunisti consisterebbe ancora una volta nel proporre dei principi a un movimento reale, oppure nel far propria la confusione di questo movimento.
«La teoria si realizza in una classe solo quando è espressione dei bisogni concreti e immediati di questa classe. In effetti l'appropriazione da parte del proletariato della sua teoria non è un processo intellettuale, ma pratico; esso si appropria della sua teoria trasformandola immediatamente in prassi.»

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