Il comunismo è e rimane l'unica prospettiva di superamento positivo della società capitalistica. Ma quest'ultima, malgrado le sue traversie, pare divenuta un orizzonte insuperabile, e le forze protese al suo abbattimento sono oggi ridotte alla clandestinità e alla dispersione, se non al disorientamento. L'epoca del movimento operaio tradizionale, delle transizioni socialiste e dei loro programmi si è da tempo conclusa. Il patrimonio delle lotte e delle correnti teoriche del passato richiede un riesame profondo per separare ciò che è vivo da ciò che è morto. Il rapporto intercorrente tra le lotte quotidiane del proletariato, i movimenti interclassisti di massa dell'ultimo decennio e la rottura rivoluzionaria possibile appare più enigmatico che mai. La teoria comunista richiede nuovi sviluppi, per essere restaurata nelle sue funzioni. La necessità di affrontare questi nodi ci interpella in prima persona, come dovrebbe interpellare tutti i sostenitori del «movimento reale che abolisce lo stato di cose presente». I nostri mezzi sono a misura alle nostre forze: modesti. Impossibile in queste condizioni pretendere di essere i fautori unici e infallibili di una rifondazione teorica che arriverà a maturità solo in un futuro non prossimo. Ma è solo iniziando a camminare che si cominciano a tracciare strade percorribili.

mercoledì 18 novembre 2020

Sessanta tesi sulla rivoluzione cinese

Cajo Brendel (1967)

   Cogliamo l'occasione della firma dell'accordo di libero scambio RCEP (Regional Comprehensive Economic Partnership) dello scorso 15 novembre per rendere disponibile un opuscolo di Cajo Brendel (1915-2007) risalente al periodo in cui la sinergia asimmetrica sino-americana e la mondializzazione – oggi entrambe in crisi – non erano che ai primissimi albori. Contributo dunque datato, appartenente ad un'epoca conclusa in cui cui qualsiasi posizionamento autenticamente comunista imponeva immediatamente la presa di distanza dai paesi dei «falsi socialismi» e l'analisi della loro natura sociale. I lettori non mancheranno tuttavia di cogliere i motivi di interesse rintracciabili, in particolare, nella digressione su La diplomazia cosiddetta rivoluzionaria della Cina. Essa ci riporta ad un frangente che fu non solo quello del rapprochement sino-americano, preludio all’integrazione della Cina nel mercato mondiale, ma anche – su scala regionale – quello delle proxy wars russo-cinesi in Cambogia (1978) e Vietnam (1979), prefigurate dalla guerra di liberazione del Bangladesh contro il Pakistan occidentale (1971). Una storia ricca di cui conviene avere qualche nozione per riconoscere i tratti tipicamente dialettici degli sviluppi attuali. Ogni cosa si trasforma nel suo contrario: l'attrazione in repulsione, l'amicizia in ostilità, il punto di forza in limite. Nel movimento a spirale dell'accumulazione, il ciclo storico in cui siamo ancora immersi avanza, e avanzando si ricongiunge – simultaneamente – alle sue origini; ritorna cioè sulle soluzioni (produttive, sociali, politiche e geostrategiche) apportate ai problemi del ciclo storico precedente, trasformatesi nel frattempo in altrettanti problemi bisognosi di nuove soluzioni, in vista della perpetuazione dei rapporti sociali capitalistici. Queste ultime, se arriveranno, usciranno non dalla realizzazione di un piano preordinato ma – come sempre – da esperimenti molteplici in molteplici direzioni. Non c'è adagio migliore per le frazioni dinamiche della classe capitalista che quello di Samuel Beckett: tentare, fallire, fallire ancora, fallire meglio. Il bricolage planetario è già cominciato. [Il Lato Cattivo]

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