Il comunismo è e rimane l'unica prospettiva di superamento positivo della società capitalistica. Ma quest'ultima, malgrado le sue traversie, pare divenuta un orizzonte insuperabile, e le forze protese al suo abbattimento sono oggi ridotte alla clandestinità e alla dispersione, se non al disorientamento. L'epoca del movimento operaio tradizionale, delle transizioni socialiste e dei loro programmi si è da tempo conclusa. Il patrimonio delle lotte e delle correnti teoriche del passato richiede un riesame profondo per separare ciò che è vivo da ciò che è morto. Il rapporto intercorrente tra le lotte quotidiane del proletariato, i movimenti interclassisti di massa dell'ultimo decennio e la rottura rivoluzionaria possibile appare più enigmatico che mai. La teoria comunista richiede nuovi sviluppi, per essere restaurata nelle sue funzioni. La necessità di affrontare questi nodi ci interpella in prima persona, come dovrebbe interpellare tutti i sostenitori del «movimento reale che abolisce lo stato di cose presente». I nostri mezzi sono a misura alle nostre forze: modesti. Impossibile in queste condizioni pretendere di essere i fautori unici e infallibili di una rifondazione teorica che arriverà a maturità solo in un futuro non prossimo. Ma è solo iniziando a camminare che si cominciano a tracciare strade percorribili.

lunedì 26 marzo 2012

Un rapporto al collasso? Riflessioni sulla crisi

Screamin' Alice

La storia del modo di produzione capitalistico è punteggiata da crisi. Si potrebbe dire che la crisi è il modus operandi del capitale, o della relazione capitale-lavoro. Questo è vero poiché il capitale, l'auto-valorizzazione del valore, l'auto-espansione della ricchezza astratta, è in ogni momento una rivendicazione sull'estrazione di plusvalore a venire: l'accumulazione del capitale di oggi è una scommessa sullo sfruttamento del proletariato di domani.
La crisi, oggi, assume le forme della crisi finanziaria, mentre la prospettiva di una crisi economica conclamata incombe. Ad ogni modo, queste due crisi non stanno tra loro semplicemente in un rapporto di causa ed effetto (quale che sia, tra esse, ad essere individuata come la causa dell'altra). Piuttosto, si tratta di differenti manifestazioni di un'unica crisi sotterranea – la crisi dell'accumulazione del capitale, che è allo stesso tempo crisi del rapporto di sfruttamento esistente fra capitale e proletariato.

venerdì 9 marzo 2012

[Grecia 2008] Come un inverno di mille dicembre

Ta Paidia Tis Galarias & Blaumachen

[A distanza di tre anni, ripubblichiamo, in versione riveduta e corretta, la traduzione italiana di una "cronaca" delle rivolte del 2008, redatta "a caldo" dai compagni greci di Tptg e Blaumachen]

VIOLENZA significa lavorare quarant'anni per un salario misero e considerarsi fortunati se si riesce ad andare in pensione… VIOLENZA significa Buoni del Tesoro, fondi pensione rubati e la frode della Borsa…VIOLENZA significa essere costretti a sottoscrivere mutui per la casa che sarai costretto a pagare a peso d’oro… VIOLENZA significa il diritto dei dirigenti di licenziarti quando vogliono… VIOLENZA significa disoccupazione, lavoro temporaneo, paghe da 400 euro al mese con o senza previdenza sociale… VIOLENZA significa “incidenti” sul lavoro perché i padroni diminuiscono i costi della sicurezza… VIOLENZA significa ammalarsi a causa del lavoro troppo duro… VIOLENZA significa consumare psicofarmaci e vitamine per far fronte a orari di lavoro estenuanti…VIOLENZA significa lavorare per i soldi che servono a comprare le medicine necessarie a mantenere il proprio potenziale lavorativo… VIOLENZA significa morire su letti pronti all'uso in orribili ospedali, se non ti puoi permettere la bustarella.” [Proletari dei locali della GSEE occupati, Atene, dicembre 2008]