Il comunismo è e rimane l'unica prospettiva di superamento positivo della società capitalistica. Ma quest'ultima, malgrado le sue traversie, pare divenuta un orizzonte insuperabile, e le forze protese al suo abbattimento sono oggi ridotte alla clandestinità e alla dispersione, se non al disorientamento. L'epoca del movimento operaio tradizionale, delle transizioni socialiste e dei loro programmi si è da tempo conclusa. Il patrimonio delle lotte e delle correnti teoriche del passato richiede un riesame profondo per separare ciò che è vivo da ciò che è morto. Il rapporto intercorrente tra le lotte quotidiane del proletariato, i movimenti interclassisti di massa dell'ultimo decennio e la rottura rivoluzionaria possibile appare più enigmatico che mai. La teoria comunista richiede nuovi sviluppi, per essere restaurata nelle sue funzioni. La necessità di affrontare questi nodi ci interpella in prima persona, come dovrebbe interpellare tutti i sostenitori del «movimento reale che abolisce lo stato di cose presente». I nostri mezzi sono a misura alle nostre forze: modesti. Impossibile in queste condizioni pretendere di essere i fautori unici e infallibili di una rifondazione teorica che arriverà a maturità solo in un futuro non prossimo. Ma è solo iniziando a camminare che si cominciano a tracciare strade percorribili.

giovedì 20 dicembre 2012

L'essenziale sull'essenziale

Gilles Dauvé & Karl Nesic

La rivoluzione comunista non è una successione, che si occupa prima del potere (per conquistarlo o sopprimerlo) e soltanto in seguito si applica a trasformare la vita sociale. Ciascuno di questi due aspetti nutre l'altro. Essi o agiscono simultaneamente, o sono destinati a fallire entrambi. Se i proletari non si sbarazzano della polizia, dell'esercito, dei partiti e del meccanismo parlamentare, presto o tardi le trasformazioni sociali deperiranno, erose dall'interno, o saranno interrotte dall'esterno, come accadde in Spagna dopo il 1936. Ma se la lotta armata si riduce a uno scontro tra due fronti, inevitabilmente il campo proletario finirà per perdere la sua dinamica sociale interna, per poi essere sconfitto sulle barricate o sui campi di battaglia, come di nuovo dimostra l'esperienza spagnola dopo il 1936.
Un tale sconvolgimento non si realizzerà evidentemente nel giro di poche settimane o mesi, e si estenderà almeno sull'arco di una generazione; ma il processo di comunizzazione comincerà da subito. Prima esso si innescherà, prima si amplierà e approfondirà, e maggiori possibilità avrà di imporsi.