Il comunismo è e rimane l'unica prospettiva di superamento positivo della società capitalistica. Ma quest'ultima, malgrado le sue traversie, pare divenuta un orizzonte insuperabile, e le forze protese al suo abbattimento sono oggi ridotte alla clandestinità e alla dispersione, se non al disorientamento. L'epoca del movimento operaio tradizionale, delle transizioni socialiste e dei loro programmi si è da tempo conclusa. Il patrimonio delle lotte e delle correnti teoriche del passato richiede un riesame profondo per separare ciò che è vivo da ciò che è morto. Il rapporto intercorrente tra le lotte quotidiane del proletariato, i movimenti interclassisti di massa dell'ultimo decennio e la rottura rivoluzionaria possibile appare più enigmatico che mai. La teoria comunista richiede nuovi sviluppi, per essere restaurata nelle sue funzioni. La necessità di affrontare questi nodi ci interpella in prima persona, come dovrebbe interpellare tutti i sostenitori del «movimento reale che abolisce lo stato di cose presente». I nostri mezzi sono a misura alle nostre forze: modesti. Impossibile in queste condizioni pretendere di essere i fautori unici e infallibili di una rifondazione teorica che arriverà a maturità solo in un futuro non prossimo. Ma è solo iniziando a camminare che si cominciano a tracciare strade percorribili.

mercoledì 7 novembre 2012

La rivoluzione tedesca e lo spettro del proletariato

Carsten Juhl ("Invariance", 1974)

   La storia del movimento rivoluzionario tedesco è finora stata scritta – con una sola eccezione – a livello delle organizzazioni, cioè a livello delle forme di rappresentazione che quel movimento si era dato, e che sempre si sono autonomizzate. In effetti, esse non furono fattori soggettivamente rivoluzionari che per qualche mese, nel periodo già breve che va dal 1918 alla primavera del 1921, lasciando quindi a tutte le proprie espressioni politiche e militari, fatta eccezione per i momenti di maggiore intensità, una funzione stabilizzatrice ed organizzatrice a livello politico-economico.
Questa funzione rivela il contenuto possibile, e dunque sovente realizzato, del movimento in quanto sinistra radicale del capitale; in realtà – a parte qualche breve momento di scontro (che rivelò però una notevole aggressività in certi gruppi di proletari) – le formazioni della sinistra tedesca hanno avuto come obiettivo reale quello di assicurare la sopravvivenza sociale di una parte della classe di cui erano l'espressione, ovvero dei settori più radicali del proletariato. Ciò significava evidentemente porsi dei problemi che non erano quelli di una rivoluzione integralmente anticapitalista, ma soltanto quelli di una rivoluzione contro la miseria capitalistica di allora.