Il comunismo è e rimane l'unica prospettiva di superamento positivo della società capitalistica. Ma quest'ultima, malgrado le sue traversie, pare divenuta un orizzonte insuperabile, e le forze protese al suo abbattimento sono oggi ridotte alla clandestinità e alla dispersione, se non al disorientamento. L'epoca del movimento operaio tradizionale, delle transizioni socialiste e dei loro programmi si è da tempo conclusa. Il patrimonio delle lotte e delle correnti teoriche del passato richiede un riesame profondo per separare ciò che è vivo da ciò che è morto. Il rapporto intercorrente tra le lotte quotidiane del proletariato, i movimenti interclassisti di massa dell'ultimo decennio e la rottura rivoluzionaria possibile appare più enigmatico che mai. La teoria comunista richiede nuovi sviluppi, per essere restaurata nelle sue funzioni. La necessità di affrontare questi nodi ci interpella in prima persona, come dovrebbe interpellare tutti i sostenitori del «movimento reale che abolisce lo stato di cose presente». I nostri mezzi sono a misura alle nostre forze: modesti. Impossibile in queste condizioni pretendere di essere i fautori unici e infallibili di una rifondazione teorica che arriverà a maturità solo in un futuro non prossimo. Ma è solo iniziando a camminare che si cominciano a tracciare strade percorribili.

lunedì 6 agosto 2012

Prefazione a "Il capitale totale"

Jacques Camatte (1970)

[…] Il risultato del movimento totale è quello di produrre una classe universale, un proletariato immenso, proletariato nel senso di insieme di uomini che non hanno alcuna autonomia (vecchio proletariato + nuove classi medie). […] Il capitale ricorre a tutto per impedirne l'unificazione […]
Con tutto ciò, non si tratta di proclamare il fronte unito di tutti i lavoratori, giacché questo porterebbe ad annegare la debole minoranza realmente distruttrice – costituita da coloro che si trovano completamente tagliati fuori dal processo di produzione ed implicitamente affermano il comunismo – nella marea di coloro che non hanno, per il momento, un interesse immediato alla rivoluzione comunista. È solo attraverso lo scontro tra questi due elementi che il secondo potrà essere dislocato sul terreno di lotta del primo; dislocamento facilitato da una crisi del capitale e che – a sua volta – finirà con l’accentuare quest'ultima. È nel corso di questo scontro che si produrrà la coscienza della fase rivoluzionaria.
[…] Nel periodo di dominio formale del capitale, la rivoluzione si manifestava all’interno stesso della società: lotta del lavoro contro il capitale; oggi essa si presenta – e lo sarà sempre più chiaramente – come lotta al di fuori e contro la società stessa. Dal momento che la quasi totalità degli uomini si leva contro il capitale e contro il lavoro, si tratta di una lotta contro il capitale e contemporaneamente contro il lavoro, come due aspetti della stessa realtà. In altri termini, il proletariato deve lottare contro il proprio dominio al fine di potersi negare in quanto classe e, dunque, distruggere sia il capitale sia le classi.