Il comunismo è e rimane l'unica prospettiva di superamento positivo della società capitalistica. Ma quest'ultima, malgrado le sue traversie, pare divenuta un orizzonte insuperabile, e le forze protese al suo abbattimento sono oggi ridotte alla clandestinità e alla dispersione, se non al disorientamento. L'epoca del movimento operaio tradizionale, delle transizioni socialiste e dei loro programmi si è da tempo conclusa. Il patrimonio delle lotte e delle correnti teoriche del passato richiede un riesame profondo per separare ciò che è vivo da ciò che è morto. Il rapporto intercorrente tra le lotte quotidiane del proletariato, i movimenti interclassisti di massa dell'ultimo decennio e la rottura rivoluzionaria possibile appare più enigmatico che mai. La teoria comunista richiede nuovi sviluppi, per essere restaurata nelle sue funzioni. La necessità di affrontare questi nodi ci interpella in prima persona, come dovrebbe interpellare tutti i sostenitori del «movimento reale che abolisce lo stato di cose presente». I nostri mezzi sono a misura alle nostre forze: modesti. Impossibile in queste condizioni pretendere di essere i fautori unici e infallibili di una rifondazione teorica che arriverà a maturità solo in un futuro non prossimo. Ma è solo iniziando a camminare che si cominciano a tracciare strade percorribili.

sabato 14 marzo 2020

Gramsci, l'aziendalismo e gli equivoci della razionalizzazione

Christian Riechers (1989) 

    «Le osservazioni di Gramsci su Americanismo e fordismo sono inficiate da una visione ideologica che è di poco aiuto per l'emancipazione completa, radicale dei salariati dal capitale. Non basta dire che sono superate, perché, come pezzi di ideologia, non lo sono affatto. Fintanto che il nucleo forte di esse, l'accettazione fatalistica dell'ineluttabile corso del progresso tecnologico, non viene aggredito con argomenti validi, l'ideologia dell'aziendalismo rimane in piedi.»

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