È in uscita a giugno il secondo numero della rivista (60 pagine, 3 euro). Qui di seguito è possibile scaricare integralmente l'Editoriale e l'Indice. Per ordini scrivere a: il.lato.cattivo@gmail.com
[…] non si può salvare una costruzione
teorica a costo di sacrificare la realtà; ma nemmeno darsi ad un
puro elogio del presente, a discapito di un solido inquadramento
teorico. Siamo allora tornati per l'ennesima volta alla sorgente –
che non poteva che voler dire: a Marx – allo scopo di giungere ad
una comprensione della fase attuale che fosse il più dialettica
possibile, che contenesse cioè nella comprensione positiva delle
cose, anche il loro ineluttabile tramonto, la loro distruzione
necessaria. Quella che nel primo numero de «Il Lato Cattivo»
compariva come «l'epoca delle rivolte» […] si precisa come una fase
di rivolte politiche
caratterizzate
dall'interclassismo e
dall'egemonia della classe che meglio esprime questo interclassismo:
la classe media.
Anche qui, sarebbe stato facile accomodarsi sul carattere «transitorio» di questi dati, dirsi semplicemente: passerà. Ma
bisogna essere in grado di spiegare
perché. Ovvero: (far)
intravvedere in cosa potrebbe consistere il superamento di questa
fase, il suo ineluttabile tramonto; mostrare, insomma, che la
rivoluzione comunista non è un'immensa manifestazione di piazza o un «movimento sociale», estesi su scala mondiale. In un testo di
gioventù, Marx scrive: «La rivolta industriale
[…] può essere parziale
fin che si vuole, essa
racchiude in sé un'anima universale; la rivolta politica
può essere universale fin che si vuole, essa cela sotto le forme più
colossali uno spirito
angusto».
Per riprendere e riattualizzare la formula, era necessario trasporla
nella configurazione odierna del «geroglifico sociale»: individuare
i fondamenti della «rivolta politica» e della «rivolta
industriale», e la frontiera che le separa; cogliere il processo
attraverso il quale (oggi) la prima assorbe la seconda; figurarsi il
processo inverso – rovesciamento
della praxis! – per mezzo
del quale la seconda potrebbe (domani?) dissolvere la prima. Cos'è
oggi questo «spirito angusto» della «rivolta politica»? Che ne è
della «rivolta industriale» e della sua «anima universale»?