Il comunismo è e rimane l'unica prospettiva di superamento positivo della società capitalistica. Ma quest'ultima, malgrado le sue traversie, pare divenuta un orizzonte insuperabile, e le forze protese al suo abbattimento sono oggi ridotte alla clandestinità e alla dispersione, se non al disorientamento. L'epoca del movimento operaio tradizionale, delle transizioni socialiste e dei loro programmi si è da tempo conclusa. Il patrimonio delle lotte e delle correnti teoriche del passato richiede un riesame profondo per separare ciò che è vivo da ciò che è morto. Il rapporto intercorrente tra le lotte quotidiane del proletariato, i movimenti interclassisti di massa dell'ultimo decennio e la rottura rivoluzionaria possibile appare più enigmatico che mai. La teoria comunista richiede nuovi sviluppi, per essere restaurata nelle sue funzioni. La necessità di affrontare questi nodi ci interpella in prima persona, come dovrebbe interpellare tutti i sostenitori del «movimento reale che abolisce lo stato di cose presente». I nostri mezzi sono a misura alle nostre forze: modesti. Impossibile in queste condizioni pretendere di essere i fautori unici e infallibili di una rifondazione teorica che arriverà a maturità solo in un futuro non prossimo. Ma è solo iniziando a camminare che si cominciano a tracciare strade percorribili.

venerdì 13 aprile 2012

Eserciti nelle strade

Alcune questioni intorno al rapporto NATO "Urban Operation in the Year 2020"

a cura di «Nonostante Milano»

[...] È questo lo sfondo della teoria della Fourth Generation Warfare (4GW) che è andata definendosi negli ultimi vent’anni, una teoria che sembra fatta apposta per affrontare una guerra mondiale a bassa intensità di durata illimitata contro le fasce criminalizzate del proletariato urbano, in cui gli specifici campi di battaglia del XXI secolo saranno le periferie affamate (“Il popolo ha fame e manca il pane? E allora dategli proiettili di gomma e peperoncino!”, trombettano le Marie Antoniette d’oggidì). Perché il “breve sogno della perenne prosperità per tutti” è ormai finito e, come riconosciuto anche dall’ex chief economist e senior vice president della Banca Mondiale Joseph E. Stiglitz, “malgrado le reiterate promesse di ridurre la povertà fatte negli ultimi dieci anni del XX secolo, il numero effettivo di persone che vivono in povertà è invece aumentato di quasi cento milioni”. E quando Stiglitz scriveva queste righe non era ancora “scoppiata” la “crisi” […] Il Terzo Mondo, se mai è esistito come altrove, è oramai scomparso. Il Terzo Mondo è qui.