Il comunismo è e rimane l'unica prospettiva di superamento positivo della società capitalistica. Ma quest'ultima, malgrado le sue traversie, pare divenuta un orizzonte insuperabile, e le forze protese al suo abbattimento sono oggi ridotte alla clandestinità e alla dispersione, se non al disorientamento. L'epoca del movimento operaio tradizionale, delle transizioni socialiste e dei loro programmi si è da tempo conclusa. Il patrimonio delle lotte e delle correnti teoriche del passato richiede un riesame profondo per separare ciò che è vivo da ciò che è morto. Il rapporto intercorrente tra le lotte quotidiane del proletariato, i movimenti interclassisti di massa dell'ultimo decennio e la rottura rivoluzionaria possibile appare più enigmatico che mai. La teoria comunista richiede nuovi sviluppi, per essere restaurata nelle sue funzioni. La necessità di affrontare questi nodi ci interpella in prima persona, come dovrebbe interpellare tutti i sostenitori del «movimento reale che abolisce lo stato di cose presente». I nostri mezzi sono a misura alle nostre forze: modesti. Impossibile in queste condizioni pretendere di essere i fautori unici e infallibili di una rifondazione teorica che arriverà a maturità solo in un futuro non prossimo. Ma è solo iniziando a camminare che si cominciano a tracciare strade percorribili.

martedì 14 febbraio 2012

Note di lettura sul libro "Bisognerà ancora attendere"

Denis

    Il capitale, avendo avuto il cattivo gusto di vincere soltanto a metà la sua più recente battaglia contro il proletariato, non ha saputo portare a termine la propria ristrutturazione: in tal modo si è messo stupidamente di traverso sul cammino della rivoluzione. “L'assalto proletario si produce allorché un ciclo di produzione raggiunge il suo culmine e comincia a entrare in crisi”: e noi ci ritroviamo oggi con la crisi senza il culmine. Finché il capitale non sarà infine capace di trovare un ruolo alla democrazia e allo Stato, finché non smetterà di oscillare tra garanzia e assistenza, dominando nuovamente lo spazio e risocializzando le folle, non ci sarà granché da fare, fuorché aspettare. Questo è, in sostanza, il discorso del libercolo di Gilles Dauvé e Karl Nesic