martedì 22 luglio 2014

Lettera sull'antisionismo

R. F.  

[...] Il minimo, non oso nemmeno dire di solidarietà, ma di rispetto che possiamo avere per i proletari palestinesi, ultimi tra gli ultimi, impone in primo luogo di essere lucidi e disillusi sulla situazione attuale, di non trattarli né come dei rincoglioniti che si fanno abbindolare da Hamas, né come dei santi investiti dal Mandato del Cielo Proletario. Cercando – ove possibile, con atti, parole, scritti – di far saltare il dispositivo antisionista, alla stessa maniera in cui cerchiamo di far saltare l'antimondialismo (difesa del capitale nazionale contro il capitale mondializzato, o del capitale industriale contro il capitale finanziario), il pacifismo (rivendicazione della pace capitalista contro la guerra) e tutte le proposte di gestione alternativa del capitale, che fanno parte del corso quotidiano della lotta di classe e allo stesso tempo non permettono in nessun caso di essere semplicemente raddrizzate o radicalizzate (si tratterebbe allora, nel caso che ci occupa, di un antisionismo «di classe» o «rivoluzionario», che è semplicemente una contraddizione in termini). Senza per questo ricadere nell'illusione immediatista di credere che si potrebbe mettere in avanti quella che si chiama, nel gergo politicante, un'alternativa credibile. Il comunismo non è il prodotto di una scelta, è un movimento storico. Con questo approccio ho cercato di affrontare la questione in queste pagine. Fermo restando che, a forza di ragionamenti fatti a colpi di categorie borghesi come «diritto», «giustizia» e «popolo», non solo risulta ormai ben difficile immaginare una soluzione qualsivoglia, ma è diventato quasi impossibile anche soltanto dire cose sensate al riguardo. 

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giovedì 3 luglio 2014

Donne e sovversione sociale

Mariarosa Dalla Costa (1972)


Queste osservazioni per un tentativo di definizione e di analisi della «questione femminile» individuano la questione stessa nell'intero «ruolo femminile» quale la divisione capitalistica del lavoro ha prodotto.
Privilegiamo in queste pagine la figura della «casalinga» come figura centrale di questo ruolo. Presupponendo che tutte le donne che lavorano fuori casa continuano a essere anche delle casalinghe. Cioè, a livello mondiale, è proprio questa specificità del lavoro domestico non solo come quantità di ore e tipo di lavoro ma come qualità di vita e qualità di relazioni, che determina la collocazione della donna ovunque essa si trovi e a qualunque classe appartenga.
Il fatto che abbiamo qui puntualizzato l'analisi sulla donna di classe operaia non vuol dire affatto che solo le donne di classe operaia sono sfruttate. Ma vuol ribadire che il ruolo della casalinga di classe operaia, che riteniamo sia stato indispensabile alla produzione capitalistica, è determinante per la posizione di tutte le altre donne.