Jacques Camatte (1970)
[…] Il risultato del movimento totale è quello di produrre una classe universale, un proletariato immenso, proletariato nel senso di insieme di uomini che non hanno alcuna autonomia (vecchio proletariato + nuove classi medie). […] Il capitale ricorre a tutto per impedirne l'unificazione […]
Con tutto ciò, non si tratta di proclamare il fronte unito di tutti i lavoratori, giacché questo porterebbe ad annegare la debole minoranza realmente distruttrice – costituita da coloro che si trovano completamente tagliati fuori dal processo di produzione ed implicitamente affermano il comunismo – nella marea di coloro che non hanno, per il momento, un interesse immediato alla rivoluzione comunista. È solo attraverso lo scontro tra questi due elementi che il secondo potrà essere dislocato sul terreno di lotta del primo; dislocamento facilitato da una crisi del capitale e che – a sua volta – finirà con l’accentuare quest'ultima. È nel corso di questo scontro che si produrrà la coscienza della fase rivoluzionaria.
[…] Nel periodo di dominio formale del capitale, la rivoluzione si manifestava all’interno stesso della società: lotta del lavoro contro il capitale; oggi essa si presenta – e lo sarà sempre più chiaramente – come lotta al di fuori e contro la società stessa. Dal momento che la quasi totalità degli uomini si leva contro il capitale e contro il lavoro, si tratta di una lotta contro il capitale e contemporaneamente contro il lavoro, come due aspetti della stessa realtà. In altri termini, il proletariato deve lottare contro il proprio dominio al fine di potersi negare in quanto classe e, dunque, distruggere sia il capitale sia le classi.